Mercury Cougar 1967

Mercury Cougar 1967

Nei suoi 73 anni di storia la Mercury, divisione della Ford Motor Company creata nel 1938 e chiusa nel 2011, ha sempre occupato lo spazio della mezza via: auto per quella borghesia americana che un po’ se la tirava e non voleva la Ford del popolo, ma non aveva abbastanza grano per permettersi la Lincoln. Quindi un marchio premium entry-level che, di fatto, spesso voleva dire “Ford ben vestite” e quindi poco interessanti. La prima generazione della Cougar, però, ha fatto eccezione.

Le griglie e il paraurti posteriori riprendono l’ingiustificabile arroganza dell’anteriore. E fanno bene.

La coincidenza fortunata fu la metà degli anni ’60, quando in America esplose il fenomeno delle Muscle Car: benché l’immagine di queste auto fosse quasi sempre giovanile, le persone con qualche inverno in più non si mostrarono affatto indifferenti. Capitò quindi che anche la divisione Mercury volle proporre la propria sportiva e, mentre i figli sbavavano su Mustang e Camaro, al papà che voleva qualcosa all’altezza (ma un po’ più maturo) venne proposta la Cougar.

Pochi sanno che uno dei primi nomi che vennero in mente al reparto marketing della Ford per battezzare l’auto che sarebbe diventata Mustang era proprio Cougar, e il nome venne riciclato qualche anno dopo per l’auto di cui vi parlo tutto sommato con buone ragioni: lanciata nel 1967, condivide il pianale con la Mustang prima generazione (ma col passo allungato di circa 8 cm) ma sfoggia uno stile e finiture completamente diverse. Rispetto alla Pony Car più famosa le linee sono più eleganti ed “europee” nonostante l’aggressività delle grosse griglie che dominano coda e frontale (soprannominate “electric razor” per ovvi motivi). Inoltre la Cougar prevedeva accessori premium come i fari a scomparsa e l’aria condizionata, oltre a finezze come le frecce ad accensione sequenziale. Stessa cosa per gli interni, che nelle versioni più lussuose facevano decisamente un bell’effetto.

il 289ci nel vano motore della Cougar. sembra di vedere una Mustang, perché in fondo lo è. Ma tirata da sera.

Due i modelli (base e la ben più esclusiva XR-7, entrambi hard top) e due i motori con cui la si poteva portare a casa nel 1967: si andava dal “piccolo” V8 289ci (4700cc) da 195, 200 o 225 cv, al V8 390ci (6400cc) da 280, 320 o 335 cv accoppiati a cambi manuali (3 o 4 marce) o automatico a 3 rapporti. Entrambi i modelli erano disponibili con il pacchetto GT che comprendeva il motore 390ci, cambio manuale 4-speed e diverse migliorie per stabilità e prestazioni, mentre opzioni più “toste” sarebbero arrivate negli anni seguenti (chi ha detto Eliminator? Ne parleremo.)

Nota di colore: il marketing insisté parecchio sui “gattoni”: il puma era talmente onnipresente che finì per divenire un secondo simbolo per la Mercury stessa. La mascotte di tutte queste campagne, iniziate nel ’66, fu un puma di nome Chauncey che mantenne il suo posto in ditta fino al ’75, anno in cui morì.

La guidiamo con...

Guidare oggi una Cougar, con quelle griglie minacciose sul frontale che già da sole fanno capire il rispetto che può aspettarsi un pedone sulle strisce, non può che far pensare a percorrere con l’irsuto braccio fuori dal finestrino lunghe Highway americane o, per restare autarchici, alcune nostre superstrade. La immaginiamo sulla RA8, a novanta all’ora, passando da Ferrara ai lidi di Comacchio con l’Heavy Metal chiassoso e ribelle dei primi anni ’80 sparato dalle casse. Ci farebbe compagnia il buon Rob Hadford, Heading Out to the Highway, coi Judas Priest del bel tempo che fu.


Le foto dell’auto sono una cortesia di Primo Classics International LLC – primoclassicsllc.com