Il disco
- Etichetta:Nuclear Blast Entertainment
- Città:Finlandia
- Genere:Melodic Death Metal
- Line Up:
- Jari Mäenpää (voce, tastiere, chitarra)
- Kai Hahto (batteria)
- Teemu Mäntysaari (chitarra, voce)
- Jukka Koskinen (basso, voce)
Entriamo a gamba tesa: definire The Forest Season un EP non rende l’idea del tipo di progetto. Le canzoni sono tutte ampiamente sopra i dieci minuti di durata, e sembra quasi sia stata fatta la scelta di prendere abbastanza materiale da poter costruire un album e suddividerlo in quattro canzoni invece che in una dozzina di tracce. Si crea un percorso sonoro estremamente deliberato, un lavoro che muta attraverso fasi diverse, sfruttando sonorità spesso opposte tra loro e spaziando ampiamente in tutto quel filone che parte dal dark ambient e arriva al black metal più scatenato… ma cerchiamo di raccogliere meglio le idee.
Credo che il riassunto migliore che possa dare per The Forest Seasons è che si tratta di un lavoro da lasciar maturare con calma. È difficile darne una descrizione coerente perché si tratta di qualcosa con approcci molto diversificati, e osservandolo nel contesto dell’evoluzione del gruppo, le cose si fanno ancora più complicate. Non solo si posiziona a una enorme distanza rispetto ai precedenti lavori, metaforicamente e non – Wintersun è del 2004 e molto più diretto, a tratti quasi power, e mentre nel 2012 in Time I si facevano già sentire degli accenni dell’eterogeneità e della lunghezza che caratterizzano questo lavoro, c’è stato uno spostamento verso lidi meno eleganti, ma non per questo meno ricercati con cura.
E non si può non parlare della campagna di crowdfunding su Indiegogo. L’album è stato creato grazie ai fondi raccolti da Jari e compagni, ma dietro alla campagna c’è un progetto abbastanza vasto da meritare un articolo a sé stante, un piano a più fasi per costruire un vero e proprio studio grazie ai soldi dei fan in cambio del rilascio dell’album, di brani rimasterizzati e di altre chicche. All’epoca molti avevano storto il naso, ma qualcosa dovevano averlo capito gli Wintersun, visto che la campagna si è conclusa ad Aprile con 460.000 euro nei forzieri dei finlandesi. A cosa ha portato questo successo, quindi?
Prendiamo Awaken From The Dark Slumber (Spring), che si apre lenta, ma non ci vuole molto prima di lanciarci in un tempo sostenuto che flirta sia col black che con movimenti più vicini agli Ensiferum dei tempi d’oro. Growl, tastiere e orchestrazioni di classe ci trasportano rapidamente nella sua (lunga!) durata fino a un virile coro tutto cantato per la sezione finale. L’intreccio sembra essere un tema approfondito con cura nei brani—intreccio di stagioni, intreccio di suoni e intreccio di idee. Lo trovo un lavoro quasi più interessante dal punto di vista concettuale che di ascolto.
Arriva l’estate con The Forest That Weeps (La Foresta che Piange, perché l’allegria è per i poser). Intro acustica e bella partenza marciata, con chitarre distorte a ribattere i temi e un approccio molto diretto. A mio parere la meno intrigante dell’EP, ma resta comunque una bella prova di forza fosse solo per la decisione e il diverso uso dei cori. Un intermezzo acustico molto interessante e una ripresa heavy dei temi usati più tardi, e si conclude per passare a Eternal Darkness (Autumn) e ai suoi sgocciolamenti. È il brano più vicino al black sia nell’atmosfera che nelle intenzioni, e bisogna ammettere che ci vuole un certo coraggio nel far passare due interi minuti (!) prima che alle chitarre tremolanti si aggiunga la batteria. Qui le orchestrazioni si fanno parecchio stratificate, per arrivare a un doppio pedale fisso su cui il resto degli strumenti costruisce un insieme sonoro in costante evoluzione. Forse la più approcciabile, a tratti vicina ai Dimmu Borgir e a quel genere di black metal misto.
Loneliness (Winter) si apre con quelle tastiere gelide che rimandano alla mente paesaggi coperti dal ghiaccio, per poi ingranare un mid-tempo aggressivo che sfocia in chitarre e voce pulita e si evolve mischiando questi elementi liberamente per la sua durata, con una spettacolare prova di forza di Jari che dimostra due polmoni che potrebbero abbattere un grattacielo, tra influenze molto più vicine ai Bathory che a qualcosa di più moderno. Anche il posizionamento dei brani è una scelta interessante, con le stagioni che procedono dal caldo al freddo invece che viceversa.
La band ha scelto di prendersi cura essa stessa del mixaggio, e non sono completamente sicuro sia stata una buona idea. Premesso che va molto a gusti personali, trovo la batteria un po’ troppo presente (soprattutto se considerato che non è utilizzata in maniera particolarmente elevata, anzi) e le chitarre a tratti confuse, ma con delle cuffie buone si riesce a capire che l’intento è proprio quello di creare un muro di suono che richiede considerazione particolare per coglierne tutte le caratteristiche. La libertà garantita dal crowdfunding può essere un’arma a doppio taglio.
The Forest Seasons è un lavoro molto sofisticato. Più ci penso e più sono convinto che mi ci vorrà qualche settimana, forse qualche mese per apprezzarlo completamente, passando un po’ di tempo con le cuffie buone in testa sull’autobus e le vecchie che si fanno il segno della croce di fianco. Ci sono molti strumenti sovrapposti, voci incluse, e ogni volta che riascolto una traccia noto qualcosa che mi era sfuggito. Non è un ascolto casuale, e molti potrebbero trovarlo inavvicinabile a causa dell’estrema lunghezza dei brani, ma ho la sensazione che tra qualche anno potremmo riparlarne come di una gemma sepolta. Ai posteri l’ardua sentenza.
Tracklist
- Awaken from the Dark Slumber (Spring) - 14'40"
- The Forest That Weeps (Summer) - 12'18"
- Eternal Darkness (Autumn) - 14'08"
- Loneliness (Winter) - 12'54"
- Valutazione: 7 / 10