Il disco
- Etichetta:Scarlet Records
- Città:Monza
- Genere:Folk Metal
- Line Up:
- Davide Cicalese (voce)
- Luca Rossi (Chitarra e cori)
- Mattia Pavanello (Chitarra)
- Marco Ballabio (Basso)
- Paolo Cattaneo (Tin whistles, bouzouki, Cornamusa)
- Riccardo Brumat (Violino)
- Becky Rossi (Arpa celtica)
- Mirko Fustinoni (Batteria)
Sono passati quasi cinque anni dal primo album dei Furor Gallico, un periodo lunghissimo se collocato subito dopo un esordio che aveva lasciato ottime impressioni a pubblico e critica, uno spazio di tempo enorme, entro il quale può accadere tutto e il contrario di tutto, come peraltro confermato dalle vicende (dai cambi di formazione alle presenze su palchi importanti) che hanno portato a questo “Songs From The Earth”, album che ricopre alla perfezione il ruolo di “secondo disco”, ovvero di tramite fra il debutto e il fatidico terzo lavoro (quello tradizionalmente considerato del “dentro o fuori”); perché, se il cosiddetto genere «Folk» rappresenta un’ulteriore conferma delle molteplici forme che il Metal ha saputo assumere e sviluppare negli ultimi 25 anni, i Furor Gallico dimostrano di aver appreso la lezione sfoggiando una maturazione che non si limita all’inevitabile (almeno in teoria, viste alcune ciofeche in circolazione) crescita tecnica e artistica, ma che implica un percorso in grado di mostrare la volontà di svincolarsi da cliché che alla lunga potrebbero risultare limitanti per un progetto potenzialmente esplosivo come questo.
Ecco il motivo per cui, dopo un inizio che rappresenta la continuità con gli esordi (“The Songs Of The Earth”, “Nemàin’s Breath”, “Wild Jig Of Beltane” e la significativa “La Notte Dei Cento Fuochi”), ci si imbatte in momenti estremamente interessanti, come “Squass”, episodio che da sembianze scherzose e festaiole lascia emergere l’infinita versatilità della band, “Diluvio”, personalissima ballad dove Davide “Pagan” Cicalese (strepitoso in tutto l’album, sia in italiano che in inglese) espone le sue doti interpretative in un brano lungo e articolato, nonché sostenuto da una prestazione collettiva esaltante quanto sorprendente per la natura del brano stesso, proprio come le due tracce che con ogni probabilità avranno suscitato un certo stupore nei fans più ortodossi, cioè gli esperimenti (ben riusciti) di “Steam Over The Mountain”, dall’approccio prossimo al Nu Metal più fruibile, e “To The End”, dalla struttura orientata verso un certo Death di matrice svedese, per arrivare alla conclusiva “Eremita”, il cui finale sembra socchiudere una porta dietro la quale potrebbe celarsi un futuro davvero affascinante. E, come dicevo, forse sta tutta qui la conferma più bella riguardo i Furor Gallico, ovvero la dimostrazione di non aver alcun timore di sperimentare soluzioni anche parecchio distanti dallo stereotipo “folk”, constatazione che fa ben sperare per le prospettive di una band dalle enormi potenzialità, e la cui personalità ultima è a mio avviso ancora in fase di definizione, fattore probabilmente da inserire fra i molti che hanno determinato questa lunga pausa.
L’unico appunto che mi sento di muovere è nei confronti della produzione, anche solo perché, alla luce dei prestigiosissimi credits (registrazione presso i Metropolis Studio di Milano, che in passato hanno ospitato giganti del calibro di PFM e Depeche Mode, e missaggio e masterizzazione ad opera di Alex Azzai presso gli Alpha Omega Studio, già utilizzati da Carcass e Behemoth, ad esempio), mi sarei aspettato suoni un po’ più brillanti, nitidi, adatti a valorizzare ancor più un disco oltretutto impreziosito da prestigiose collaborazioni (l’artwork di Kris Verwimp, già autore per Marduk, Arch Enemy o Absu, e i contributi in studio di Simon Papa dei MaterDea, Luca Veroli dei Diabula Rasa, Federico Paulovich dei Destrage e Sergio Colleoni dei… Fosch Fest?), che ne aumentano ulteriormente il valore artistico.
Alla luce di tutto questo – e prescindendo dal soggettivo gradimento dei suoni – l’importanza del prossimo album diventa ancora più grande, anche se (pur auspicandone l’uscita prima del 2020…) ora è tempo di concentrarsi su “Songs From The Earth”, sulla musica in esso contenuta e sui concerti che già hanno iniziato e che continueranno a farla conoscere, in Italia e in Europa, perché se in studio la band lombarda riesce a primeggiare, è sul palco che diventa realmente inarrestabile.
I Furor Gallico sono tornati. Vae victis.
Tracklist
- The Song Of The Earth - 4'39"
- Nemàin's Breath - 5'20"
- Wild Jig Of Beltaine - 5'02"
- La Notte Dei Cento Fuochi - 5'13"
- Diluvio - 4'02"
- Squass - 5'00"
- Steam Over The Mountain - 5'38"
- To The End - 5'07"
- Eremita - 6'17"
- Giudizio: Impavido
- Valutazione: 8 / 10