MaterDea: i suoni di Yule

MaterDea: i suoni di Yule

A qualche mese dalla loro ultimo concerto sul nostro territorio (precisamente nella prima serata della rinnovata versione di Strigarium, lo scorso 6 maggio), i MaterDea tornano a far parlare di sé con un nuovo disco, dai contenuti davvero interessanti e realizzato dopo un significativo avvicendamento della line-up.

Per avere notizie più precise attorno a tutte queste novità ho così contattato telefonicamente Marco Strega e Simon Papa, fondatori della band torinese.

Sono passati otto mesi dal nostro ultimo incontro e le novità riguardo i MaterDea sono tantissime: da dove volete iniziare?

Marco – Negli ultimi mesi ci siamo trovati ad affrontare problemi legati a ragioni che potremmo definire «logistiche», intese come le difficoltà nel cercare di incastrare gli impegni di alcuni elementi del gruppo con l’attività live dei MaterDea, che durante l’estate ha particolarmente risentito di queste problematiche. Alla luce di tutto ciò, quindi, siamo arrivati alla decisione di rinnovare la formazione per darle una maggiore stabilità.

Simon – La ricerca di sostituti per i concerti e lo sviluppo del progetto acustico ci hanno portati a lavorare con nuovi musicisti, insieme ai quali ci siamo trovati magnificamente sia sul piano artistico che su quello umano: vista la situazione creatasi il passo è stato breve, e quindi la line-up ha registrato i nuovi ingressi di Carlos Cantatore alla batteria, Chiara Manueddu al violoncello e Camilla D’Onofrio e Giulia Subba al violino.

E poi c’è il ritorno di Morgan De Virgilis!

S – A dire il vero Morgan non se n’è mai andato dai MaterDea. Anche se il suo cammino lo ha portato lontano da noi, ci è sempre stato vicino, e non solo quando abbiamo avuto bisogno di lui sul palco.

M – Penso che la formazione che ha realizzato A Rose for Egeria sia stata la migliore della nostra storia, ma – senza togliere nulla a nessuno – fra gli avvicendamenti succedutisi in questi anni quello che ho patito di più è stato proprio l’abbandono di Morgan, perché la sua assenza non è mai stata colmata del tutto. Ed è una grande gioia poter contare ancora su di lui, in studio e sul palco.

Cosa potete dirmi dell’album?

S – Si intitola The Goddess’ Chants, contiene undici tracce registrate presso gli studi Domus Janas ed è stato pubblicato lo scorso 21 dicembre su etichetta Midsummer’s Eve. Si tratta di un album interamente acustico, composto da brani che fanno parte del nostro repertorio.

M – Abbiamo attinto da tutti i precedenti lavori, inserendo cinque brani dal primo disco e tre dai successivi due. Ma non abbiamo voluto realizzare un best of dei brani più noti, dando invece spazio a molte canzoni che raramente eseguiamo dal vivo, con particolare attenzione a quelle tratte da Below The Mists, Above The Brambles, maggiormente adatte a questo tipo di reinterpretazione.

Ascoltando il disco emerge il grande lavoro di rivisitazione fatto sui brani: quanto è stato impegnativo arrivare a questo risultato?

M – Come dicevo, l’album non è mai stato inteso come una semplice compilation, bensì come il mezzo per proporre i nostri brani in una chiave diversa, completamente riarrangiati e arricchiti anche dall’uso di strumenti come bouzouki irlandese, caxixi, pau de chuva, pandeiro, berimbau e cajon. Per questo l’impegno è stato praticamente lo stesso necessario a scrivere un disco di inediti, come dimostrato da alcune canzoni davvero molto distanti dalla versione originale.

S – Da un punto di vista pratico, poi, il poter disporre di un set acustico ci permetterà di suonare in quei festival orientati su tematiche per le quali una proposta elettrica risultava troppo «estrema» e ai quali in questi anni abbiamo dovuto talvolta rinunciare, trovando così il modo di raggiungere un pubblico ancora più ampio.

I concerti, appunto. Avete già previsto una data di presentazione per The Goddess’ Chant? E ci sarà un tour ad esso legato?

M – C’è ancora qualche dettaglio da sistemare, più che altro dovuto alla limitata attività live del 2016; ma ovviamente contiamo di portare sul maggior numero di palchi possibile le canzoni del nuovo disco.

S – Anche la data di presentazione è in fase di allestimento, e per conoscere il calendario dei nostri concerti – così come per reperire l’album – rimando al sito ufficiale www.materdea.com.

Il nuovo album ha significato anche un cambio di immagine: siamo entrati nel «periodo bianco» dei MaterDea?

S – È stata un’idea della nostra costumista, che ci è piaciuta molto. Ma già da Satyricon l’uscita di ogni nostro disco ha coinciso con un cambio di immagine

M – E poi non ricordo nessun gruppo metal che si presenti sul palco completamente vestito di bianco, quindi c’è anche un aspetto di originalità da considerare!

Abbiamo appurato che The Goddess’ Chant non è una compilation per riempire uno spazio fra due album, bensì un nuovo importante capitolo della storia dei MaterDea. Ma, visto che sono ormai passati oltre due anni da A Rose For Egeria, posso chiedervi se ci sono già idee riguardo al suo successore?

S – Stiamo lavorando su alcuni brani che faranno parte del prossimo disco «elettrico». Abbiamo qualcosa di già definito, altro materiale in corso d’opera e idee ancora allo stato embrionale.

M – Vogliamo prenderci tutto il tempo necessario, anche perché consideriamo molto importante il prossimo album. E poi ora è il momento di promuovere The Goddess’ Chant! Comunque sia, pensiamo che il nuovo disco potrebbe uscire verso la fine del 2017, anche se – lo sottolineo – si tratta di una previsione.

Nonostante le varie vicissitudini attraversate negli otto anni di esistenza della band, mai prima d’ora Marco e Simon si sono trovati a dover affrontare cambiamenti tanto drastici nella struttura dei MaterDea, ritornando in un certo senso all’origine di tutto, quando dal loro incontro prese forma questo progetto. Ecco perché considero The Goddess’ Chant al tempo stesso un punto di arrivo e di partenza: perché questa raccolta di brani tratti dai primi tre album e proposti in una forma totalmente rinnovata e con una formazione totalmente rinnovata si può interpretare sia come la chiusura di un ciclo che come l’inizio di un nuovo corso, un ideale spartiacque che ci accompagnerà fino al prossimo capitolo, del quale per ora si conosce solo il (magnifico) titolo, Pyaneta, e che rappresenterà un’altra importante prova per i MaterDea, sul cui esito positivo non nutro comunque alcun dubbio. Si tratta solo di avere un po’ di pazienza…