Dopo un anno che potremmo definire “sabbatico”, il ritorno del Fosch Fest con la sua sesta edizione si contraddistingue (oltre che per l’entusiastica accoglienza da parte dei fans nei confronti di uno dei festival più amati di sempre) per la grande varietà di generi proposti, a sancire il definitivo sdoganamento dall’ortodossia “Folk” degli esordi, che comunque in breve tempo aveva lasciato sempre maggiore spazio alle differenti incarnazioni di quel poliedrico genere comunemente noto come Heavy Metal. Inoltre, insieme alle numerose novità (a cominciare dalla durata portata a tre giorni) il Fosch Fest raggiunge indiscutibilmente lo status di evento di punta nel panorama italiano ed europeo grazie ad un bill di eccezionale livello che nulla ha da invidiare a ben più noti festival continentali.
E proprio per rimanere in ambito “europeo” abbiamo contattato (grazie alla collaborazione dell’organizzazione del festival, nella figura dell’amico Roberto Freri) una delle band più attese dal pubblico, ovvero i tedeschi Finsterforst («foresta oscura», in italiano), autori di uno degli album più entusiasmanti di questo 2015, quel Mach dich frei del quale – ma non solo – abbiamo parlato con Cornelius “Wombo” Heck, batterista della formazione del Baden-Württemberg che si esibirà sul palco di Bagnatica nella seconda delle tre giornate in programma fra il 7 e il 9 agosto prossimi.
È piuttosto raro imbattersi in un album in grado di racchiudere in sé elementi quali l’essere ben suonato e ben prodotto, un’energia esplosiva, un grande gusto artistico e idee originali, ma tutte queste cose si possono trovare ascoltando il vostro ultimo lavoro, “Mach dich frei”, che personalmente considero una delle migliori uscite di questo 2015. Qual è il percorso che vi ha condotto dall’eccellente predecessore “Rastlos” a questo magnifico nuovo disco?
Innanzitutto, mille grazie per i complimenti! Anche noi siamo molto felici del risultato finale! Ci eravamo accorti subito che Rastlos era un album molto efficace e che quella era la strada da seguire anche con il lavoro successivo, ovvero Mach dich frei. Paragonando i due dischi, la principale differenza rispetto a Rastlos è stata il cercare di scrivere brani un po’ più veloci e di conferire loro un maggiore impatto, più diretto, più «in your face».
Già dalla photo session relativa a “Mach dich frei” avete scelto un look molto particolare, lontano dall’abituale (e fastidioso, talvolta) assortimento di pelli, pellicce, stivaloni e kilt tipico del Folk Metal: perché avete optato per un approccio visivo così originale? E qual è il motivo del vostro caratteristico body painting?
I Finsterforst non sono mai stati una classica Folk Metal band inneggiante a Odino e tutte queste cose: pensiamo ci siano persone che conoscono molto più di noi simili tematiche e che quindi possono occuparsene meglio. Il nostro obiettivo era trovare un’immagine che non ci creasse problemi sul palco e che comunque fosse attinente alla nostra musica e ai nostri testi. Infine, il nostro body painting non è altro che il fango che molte persone si mettono in faccia nei centri benessere per diventare più belle…
Analizzando (ma anche solo ascoltando) i vostri dischi risulta evidente come abbiate il dono di scrivere canzoni molto lunghe e dalla grande epicità che non hanno mai un calo di tensione, che non stancano, che non scadono nella noia, una peculiarità che prima d’ora ho trovato solo nell’inarrivabile Bathory. Anche come autore (di canzoni ben più brevi…) vi chiedo: quanto è impegnativo il processo compositivo necessario per realizzare autentici capolavori quali “Untergang”, “Fremd”, “Flammenrausch”, “Schicksals End’” o “Finsterforst”?
È Simon, il nostro chitarrista, a comporre i brani, e sinceramente non saprei dirti cosa gli passa per la testa quando scrive. Vorrei dirti che uno degli elementi necessari per realizzare questo tipo di canzoni è il tempo, ma Simon ha scritto Finsterforst in poche settimane, quindi evidentemente non dipende solo da quello. Penso però che per lui non sia difficile scrivere canzoni come queste; secondo me, grazie a questi brani riesce veramente a lasciare la sua fantasia libera di correre senza confini.
Dopo oltre 10 anni vissuti all’interno della scena Folk Metal, qual è la vostra opinione sulle nuove direzioni che ha preso, sul suo presente e sul suo futuro?
Questa è una domanda difficile. Abbiamo incontrato la scena Folk come fans, mentre ora ne facciamo parte, ma penso che fondamentalmente non sia cambiata poi molto. Per farti un esempio, nel 2007 ero fra il pubblico del Ragnarök Festival (uno dei più importanti festival europei che si tiene a Lichtenfels, in Baviera, ndr) mentre quest’anno ci ho suonato, ma la gente e l’atmosfera mi sono sembrati più o meno uguali.
Cosa significa essere parte del roster di un’eclettica e importante etichetta come la Napalm Records?
Significa soprattutto poter contare su un grandissimo supporto, particolarmente per quanto riguarda la promozione, pur rendendoti conto di non essere il cavallo più pregiato della scuderia.
La partecipazione al Fosch Fest, fra pochi giorni, rappresenterà il vostro secondo concerto in Italia: cosa vi aspettate da un palco così importante?
Innanzitutto, speriamo che ci sia un po’ più di gente rispetto alla prima volta che abbiamo suonato nel vostro Paese (ride, ndr)! Ad ogni modo, non abbiamo aspettative particolari, se non che sia un buon festival dove fare un bel po’ di casino.
Siamo alla fine di questa intervista: c’è qualcos’altro che vuoi dire, magari rivolgendoti ai vostri fans italiani?
Semplicemente grazie per il vostro supporto e per averci dato la possibilità di ritornare in Italia. Ci vediamo al Fosch Fest!