Nell’articolo precedente vi abbiamo guidato attraverso la storia dei Kalevala hms. Oggi torniamo a parlare di loro con lo strumento migliore per conoscerli senza filtri: una lunga intervista in cui Daniele Zoncheddu, uno dei “grandi vecchi” della band, ci racconterà la sua esperienza in quella che ormai si può definire, a tutti gli effetti, una delle realtà più rappresentative della scena italiana.
Daniele, cominciamo subito con dare all’intervista la giusta serietà: riassumi la nascita dei Kalevala con un limerick.
Innanzitutto cominciamo molto male con questa storia del “grande vecchio”, tu sì che ti sai accattivarti l’intervistato… comunque, ecco il limerick:
Cinque disperati del Ducato
mescolavano il metallo col passato
per seguir queste idea
non han più una ghinea
quegli astuti metallari del Ducato
Ora, per chi volesse conoscere maggiori dettagli, prova a spiegarla in una più prosaica narrazione.
Il primo nucleo della band si è formato attorno a me e a quello che è il nostro grafico , Alessandro Bianchi (allora batterista), e attorno all’idea di mescolare folk , metal/hard rock anni ’70 e musica antica. Comprendeva già quello che è il nostro attuale cantante e Emiliano Occhi che è stato il nostro bassista per tanti anni. I punti di riferimento più importanti erano Rainbow/ Pogues/ Danzig/ Manowar e gli Skyclad, che erano l’unico gruppo folk metal sulla scena. Esistevano anche i Cruachan ma nessuno li conosceva . Abbiamo scoperto la loro esistenza anni più tardi grazie alla compresenza di un loro brano e di un nostro in una compilation di Rock Hard.
Avete ormai tre lustri di carriera alle spalle, ma quello che stupisce è che per ascoltare il primo full-lenght composto da pezzi completamente scritti da voi siano stati necessari più di 10 anni. Qual è il motivo di questa scelta? È semplicemente accaduto o c’è stata una precisa volontà di aspettare la giusta maturazione?
Eravamo giovani e inesperti e, testardamente , portavamo avanti un tipo di musica che semplicemente NON ESISTEVA, quindi era molto difficile tenere legati a noi i musicisti in una formazione stabile e praticamente impossibile convincere chi suonava strumenti acustici (violino, fisa , flauto) a suonare rock/metal. Quando è uscito il nostro primo demo in MUSICASSETTA(Fall, del 1998) in formazione c’era una tastiera , poi , più tardi, quando abbiamo realizzato l’EP Worlds End Inn con 6 pezzi nostri, gli strumenti acustici erano suonati da ospiti ( tranne il flauto che ho suonato io molto maldestramente). E’ passato molto tempo prima che la nostra formazione si stabilizzasse, abbiamo fatto anche tanti concerti acustici e trovato un amalgama maggiore. Quando è uscito il full lenght Musicanti di Brema eravamo ormai una band con un sound preciso . Tutto il tempo passato a boccheggiare prima ci ha reso molto determinati poi.
Fin dagli esordi avete preso spunti da un’ampia gamma di generi e temi per le vostre canzoni. Se dovessi tracciare un percorso citando le influenze che più vi hanno spinto a cominciare questo progetto, e quelle che invece ora vi rappresentano di più, cosa sceglieresti?
Col tempo ci siamo sempre più allontanati dalle influenze di genere e ci siamo fatti ispirare da musiche , temi, film e libri slegati da un appartenenza precisa. Chi fa un prodotto artistico ha il dovere di seguire le proprie inclinazioni per rimanere coerente , sincero e non scollegarsi dalla parte di se stesso che prova piacere in quello che fa. I generi servono come identità sostitutiva e un appartenenza a un clan ti può anche salvare la vita ma spesso sono anche usati per vendere spazzatura ai ragazzini. Comunque sarebbe molto più bello se fossi tu a dirmi che influenze senti nella nostra musica…..così..per vedere se ci prendi…
Spostando l’attenzione sui testi, quali sono invece le vostre maggiori ispirazioni? E a cosa è dovuta la scelta di utilizzare più lingue (italiano, inglese e francese)?
Un linguaggio serve a creare un’atmosfera ma può anche fungere da ispirazione a chi compone, con le sue regole interne spingerti a deviare dal percorso per te più usuale . I limiti e le regole aiutano spesso a creare qualcosa, a inventare un modo proprio di viverci dentro o sopravvivere loro….
I vostri pezzi, pur nell’ambito di una grande varietà stilistica, hanno sempre un sound riconoscibile. Avete un songwriter principale o lavorate alla creazione e alla stesura dei brani tutti insieme?
Il lavoro di arrangiamento viene fatto da tutti in sala prove…è questo che dà un sound omogeneo , mentre la stesura del brano viene spesso fatta da una o 2 persone. La maggior parte delle volte gli altri comunque integrano con idee melodiche o adattano ai loro strumenti le parti proposte.
Nella vostra carriera avete sempre dato una grandissima importanza alla dimensione live: i vostri concerti sono sempre curati nei minimi dettagli anche dal punto di vista scenografico, e studiati per coinvolgere il pubblico durante tutto lo show. C’è qualcuno in particolare che si occupa di questo aspetto, o ciò che fate sul palco nasce da idee collettive?
Direi da idee di tutti…anche questa è stata una crescita lenta..abbiamo per molto tempo peccato di sciatteria sul palco. Eravamo molto concentrati sulla musica che proponevamo, sulla carica e il divertimento in un ottica un po’ punk. Poi abbiamo capito che il live è una situazione più tridimensionale rispetto al semplice ascolto e che costruirlo come uno spettacolo era importante per noi e per il pubblico, per creare una temperatura emotiva adatta alle canzoni…specialmente per i pezzi meno diretti , che hanno bisogno di un po’ di indizi perchè se ne percepisca l’atmosfera senza averli mai ascoltati prima.
Avete da poco fatto un importante cambio di line-up: il bassista Simone Feroci è uscito dalla band dopo due intensi anni. Il rapporto con lui è rimasto amichevole? Avete già individuato chi lo rimpiazzerà?
È amichevolissimo, Simone ha lasciato la band perchè si è trovato in una congiuntura difficile della sua vita in cui aveva bisogno di fare il musicista guadagnando qualche soldo, cosa che nei Kalevala è quasi impossibile. Non escludo che lo rivedrete qualche volta a sostituire il nostro nuovo bassista che si chiama Francesco Vignali, carne giovane che segue la band fin dagli esordi…C’è anche un altra new entry, Elisa Sandrini alla fisarmonica che ha già suonato con noi un paio di volte e che potrete tutti ammirare nei prossimi concerti
Dopo tutti questi anni trascorsi calcando i palchi di tutta Italia siete tra le band di riferimento per la scena nostrana. Qual è il tuo giudizio sul folk metal (e sui generi che vi ruotano attorno) del nostro Paese? Quali sono, a tuo parere, le band emergenti più valide di cui hai sentito i lavori o con le quali hai suonato?
In Italia c’è il caso Folkstone, cioè l’unica band metal underground ad avere creato un seguito importante in questo paese, seguito che permette loro di essere autosufficienti. Le altre band invece fanno molta fatica a livello economico e arrancano ( anche chi ha più seguito di noi come Furor Gallico e Diabula Rasa, credo) perchè il genere folk metal ha avuto (come tutti prevedevamo) un calo dopo un momento di picco. E’ stata una moda ed è naturale che vada così.
Non mi sento di dare giudizi di merito perchè sinceramente non mi sento un “esperto” di folk metal, ascolto solo le band degli amici e poco altro…mi interessa la musica in generale. Non mi sono neanche mai messo la pelliccia, per paura forse degli animalisti o di Ace Ventura…
Credi che la scena italiana possa arrivare in un futuro più o meno prossimo a esprimere un livello pari a quello di altri Paesi storicamente più “celebri” del nostro nel panorama metal? Quali sono, a tuo parere, i maggiori problemi che affliggono la musica heavy in Italia?
Manca un popolo della musica che esce di casa e va a vedere i concerti . Niente popolo, niente soldi quindi niente spazi validi e campa di musica solo chi ha il padre petroliere. Un altro problema è che copiamo gli altri…dopo tanti anni ancora copiamo invece di fare la nostra musica…ma verrà il giorno, figliolo, verrà il giorno…
Avete suonato più volte in Inghilterra, raccontaci di questa esperienza: com’è nato feeling con l’isola britannica? Se dovessi fare un paragone con l’Italia, quali sono le principali differenze nel suonare in questi due Paesi?
Abbiamo suonato in Scozia insieme agli Stramash per circa una settimana….ci siamo divertiti ma non abbiamo trovato una situazione molto migliore dell’Italia.Poi abbiamo suonato 3 volte a Londra , chiamati da un magnifico e folle locale che si chiama Hootananny Pub (pub, ostello e una grande sala per i live) e che fa suonare band eccezionali da tutto il mondo e di tutti i generi musicali , senza pretendere che abbiano un seguito proprio o un agenzia. L’atmosfera è bellissima , sono tutti li per divertirsi e ascoltare musica . E’ in quel di Brixton, un quartiere meraviglioso (anche se un po’ pericoloso) e con una grande storia musicale alle spalle. Anche negli altri locali in cui abbiamo suonato c’è un grande rispetto per la musica, che viene vissuta un po’ come se gli spettatori andassero al cinema, con molta attenzione e divertimento.
Quali sono i vostri principali progetti per il futuro? Avete in programma un nuovo full-lenght di di brani inediti?
No Comment. Segreto totale.
Il primo ci è piaciuto molto, quindi concludi l’intervista con un limerick a piacere!
C’è un barbone metallaro di Sardegna
che risponde alle domande e ci si impegna
ma si inquieta parecchio
se gli danno del vecchio
quel nervoso metallaro di Sardegna