L’appena conclusosi anno 2013 non sarà certo ricordato con affetto da chiunque operi nell’ambito musicale. Ad un mercato discografico ormai in crisi conclamata. e per di più ingolfato da una miriade di produzioni più o meno artigianali (molte delle quali francamente trascurabili), ha fatto fronte una gravissima crisi dell’attività concertistica, dovuta sia agli spesso folli costi dei biglietti fissati dagli italici organizzatori (che poi hanno anche il coraggio di lamentarsi) che ai sempre più onerosi balzelli imposti da enti (SiAE in primis) i quali in teoria dovrebbero tutelare la musica, rivestendo in realtà i panni del carnefice munito di garrota. Se a tutto ciò aggiungiamo una crescente disaffezione da parte del pubblico più giovane (prevalentemente da imputare ad una scarsa se non nulla cultura musicale), risulta evidente come questi ultimi dodici mesi abbiano contribuito a creare i presupposti per uno stato di allarme quantomeno giustificabile, se non giustificato.
Ma in mezzo a tanta oscurità, i più attenti (o fiduciosi) hanno intravisto qualche sporadico spiraglio di luce, avvisaglia di una ripresa (termine un po’ abusato ultimamente, non trovate?) che – seppur cauta – riaccende le speranze di chi ha ancora a cuore la musica e tutto ciò che gravita attorno ad essa, e ad inaugurare questo periodo che ci auguriamo prosperoso sono stati i bresciani Blackage, ovvero Simone Mosca (chitarra), Damiano Urgnani (voce, chitarra), Gabriele Savoldi (basso) e Michele Cortinovis (batteria), quest’ultimo incontrato presso gli studi Media Factory di Esine, in provincia di Brescia, poco dopo l’uscita dell’album d’esordio.
La band esiste dal 2009 ed aveva già al suo attivo un demo, mentre Sacrificeline è a tutti gli effetti il nostro primo album.
Cosa puoi dirci al riguardo?
È stato registrato presso gli studi Media Factory di Esine fra Aprile e Maggio dello scorso anno, e si compone di nove tracce (una delle quali già comparsa sul demo) che rispecchiano alla perfezione quello che oggi sono i Blackage. Abbiamo scelto di autoprodurci (aiutati in questo da Fabrizio Romani) con l’obiettivo di mantenere la spontaneità che riteniamo insita nella nostra proposta musicale.
Ascoltando il disco, la parola che mi è venuta in mente è stata «Thrash»: ritieni sia stata una giusta sensazione?
Non siamo amanti delle etichette, anche perché da qualche tempo ne nascono di nuove in pratica ogni giorno, soprattutto in ambito Metal, ma è sicuramente il movimento Thrash quello in cui potremmo essere inseriti, ovviamente facendo le dovute proporzioni fra il Thrash degli anni ’80 e quello che si potrebbe definire del “nuovo millennio”, simile nell’approccio ma differente nelle soluzioni.
Una scelta musicale un po’ in controtendenza, almeno rispetto al trend delle nuove band italiane, in gran parte orientate verso il Folk o il Gothic: come giudichi questo fenomeno?
È logico che quando un genere inizia ad imporsi al grande pubblico si verifichi un fiorire di band che cercano di inserirsi in quel trend e, pur non volendo giudicare nessuno, risulta chiaro come a volte oltre alle capacità tecniche sia la “sincerità” a fare difetto, nel senso che le lacune di chi si improvvisa Folk o Gothic prima o poi emergono in ogni aspetto, e non è in questo modo che si può costruire qualcosa di duraturo. Per quanto riguarda il nostro caso, invece, si trattato semplicemente di suonare la musica che ci piace senza soffermarci a valutare le eventuali conseguenze di questa scelta, e senza preoccuparci di cosa poteva essere considerato “in” in un determinato periodo: è una scelta che rispecchia la nostra “filosofia”, il nostro approccio alla musica, una visione delle cose che ha motivato anche la volontà di autoprodurci
L’album è stato presentato in quella splendida realtà che è il Circolo Colony di Brescia, uno degli ormai rarissimi locali a proporre una programmazione costante e di alta qualità: come è andata la serata?
Siamo restati soddisfatti dall’affluenza di pubblico a questo release party (lo scorso 8 Novembre, ndr), una bella serata che ha dimostrato l’importanza di poter contare su locali come il Colony, specialmente in un periodo dove sono sempre meno i gestori che puntano sulla musica dal vivo. Proporre musica originale è sempre stato difficile, ma ultimamente anche i pochi locali che puntavano in questa direzione si stanno arrendendo, schiacciati da una serie di situazioni che rendono quasi necessario lo stop ai concerti per coloro che vogliono provare a sopravvivere.
Da qualche settimana è anche in circolazione un video estratto dall’album…
Si tratta del brano Myocardium, che peraltro sta accumulando un discreto numero di visualizzazioni su YouTube. Anche in questo caso abbiamo optato per una totale autoproduzione, portando gli strumenti di ripresa in uno dei locali di Media Factory ed effettuando le riprese in circa quattro ore: artefice di tutto è stato Simone, che poi si è occupato anche del montaggio.
Un’ultima curiosità: come ha origine il monicker Blackage?
Il concetto insito nel nome viene descritto da due distinte parole, rimanendo nel grammaticalmente corretto, ovvero «black age», inteso come «età nera», «periodo buio», in questo caso musicalmente parlando, ma l’unione in «Blackage» rende questa visione più dura, più unica, e di certo più efficace. Insomma, è una specie di amuleto contro questa nera età musicale!
L’appena iniziato anno 2014 potrebbe essere ricordato con affetto da chiunque operi nell’ambito musicale. L’uso del condizionale è d’obbligo, perché dovrà passare ancora molto tempo prima di poter trarre conclusioni definitive (e perché stiamo scrivendo questo articolo mentre siamo ancora nel mese di Novembre…), ma effettivamente sembra esserci qualche spiraglio di luce in grado di rischiarare un panorama fattosi troppo tetro, e l’esordio discografico dei Blackage sembra essere il primo a tentare – quasi ossimoricamente – di illuminare un anno che ci auguriamo possa riportare sotto un brillante sole musicale un’età forse mai stata così oscura prima d’ora.
Ci risentiamo a Dicembre…