Gli Eluveitie e il saccheggio della musica celtica

Gli Eluveitie e il saccheggio della musica celtica

Confessione: suono folk metal e sono innamorato perso degli Eluveitie.

Okay, è un po’ come dire “suono melodic death e mi piacciono i Children of Bodom”, non è esattamente una dichiarazione sovversiva. Ma gli Eluveitie per me rappresentano qualcosa di speciale, qualcosa che rappresenta una delle direttive più interessanti (e controverse?) del genere: l’appropriarsi delle canzoni tradizionali per scrivere i propri brani.

Come avrete capito, non intendo assolutamente sostenere che gli Eluveitie siano da rivalutare perché “zio, non scrivono neanche la musica loro, ascoltati i Sathanus Kittemmuort che sono davvero true”. Anzi, il fatto che si vada a riprendere tematiche della musica tradizional-popolare è un lavoro da applaudire, una cosa che rivela molta più conoscenza e capacità di arrangiamento della lunga linea storica su cui ci si vuole risultare – anche se il risultato finale non è immediato come, ad esempio, una Ievan Polkka rifatta dai Korpiklaani. (A essere onesti, quel brano da solo meriterebbe un intero articolo, ma sto facendo tardi per la cena). Gli Eluveitie sono molto più subdoli.

Tri Martolod, conosciuta anche come Tri Martolod Yaouank, è un brano della tradizione bretone risalente approssimativamente al diciottesimo secolo. Originario della Bassa Bretagna, con un testo che parla di marinai che tornano a casa, è il caso studio più evidente per questo tipo di cannibalismo metallico. La versione “storica” è quella di Alan Stivell, come tutti voi mi ricorderete nei commenti (ovviamente). Ho scelto l’interpretazione di Nolwenn Leroy perché è la più immediata e semplice da ascoltare, e tornerà utile, perché mo’ ci andiamo giù duro.

Il brano risulta relativamente semplice a un primo ascolto: due temi ripetuti ad libitum, in una scansione molto chiara in 4/4 che lascia libero spazio all’improvvisazione quando serve – l’unico passaggio degno di nota è uno sfasamento nel secondo tema, che comincia con 1/4 di anticipo e aggiunge 1/4 all’ultima battuta, una cosa che ha mandato in bestia più di un musicista con cui ho suonato. Maciullando un po’ la teoria musicale, il brano sfasa la divisione delle battute per poi riallinearsi all’ultimo, e nonostante all’orecchio suoni piuttosto facile da eseguire, se non si ha presente l’esatta divisione è facilissimo andare fuori nell’accompagnamento. Ah, la musica celtica.
Ho fatto un piccolo schema che utilizza una versione semplificata per spiegarmi meglio, per chi mastica un filo di musica. Il brano è tirato giù in Re minore dorico, quindi usa le note della scala di Do – ho tagliato la ripetizione dei due temi per motivi di spazio, e la ritmica è semplificata, ma la suddivisione è quella.

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Chi di voi ha anche solo un leggero interesse nel folk metal, o ha aspettato in prima fila a un concerto mentre il locale metteva su brani a caso, ha probabilmente riconosciuto il brano di cui sto parlando. Il tema principale di Tri Martolod è ormai conosciutissimo tra le orde metalliche grazie all’interpretazione fatta in Inis Mona (dall’album Slania, 2008), brano che ha consacrato gli Eluveitie al vertice dell’intero genere e probabilmente il più famoso tra tutti coloro che attaccano corni alla cintura.

Nonostante la fama del tema principale, su cui non mi soffermo – alla fine è una copia sputata – la cosa che mi affascina di più della canzone è la scelta di come strutturare le strofe. Chrigel & co. non hanno seguito la struttura identica, ma hanno comunque giocato con la ritmica: la struttura è fatta di quattro battute in 4/4, seguite da quattro in 6/8 (o otto in 3/4, a seconda di cosa vogliamo considerare), un’altra cosa accompagnata da varie bestemmie quando si tratta di coordinare chitarra, basso e batteria in sala. L’effetto è molto simile a Tri Martolod, una specie di ondeggiamento che mantiene l’ascoltatore sulle spine.
Ma gli Eluveitie sembrano vivere della filosofia che del maiale non si butta via niente, e anche il secondo tema è stato smembrato e attentamente riutilizzato – anche se sono dovuti passare sei anni prima di ottenere l’ispirazione giusta.

Con Celtos (da Origins, 2014), l’assorbimento della canzone popolare è concluso totalmente. Nella canzone, il ritornello è una chiarissima ripresa del tema secondario di Tri Martolod, per quanto con una leggera reinterpretazione. E non solo: anche qui la struttura sembra quasi fare il verso a Inis Mona, alternando prima un 6/8 (o 3/4) deciso a un 4/4 più diretto, un’inversione di quello che avevano fatto a inizio carriera. Se qualcuno ci vuole leggere un’allegoria dell’intero percorso musicale del gruppo, ormai radicalmente diverso rispetto agli esordi, ben venga. Io preferisco non azzardarmi.

Come ho detto, io amo gli Eluveitie. La loro musica presenta una complessità non altissima, ma assolutamente affascinante per chi è interessato a sviscerare e analizzare gli organi del genere mentre il cuore pulsante ancora batte sul tavolo (e a scrivere pessime metafore). Il folk metal è un genere su cui si può parlare per ore, onestamente, e spero di avere il tempo per affrontare qualche altro gruppo o sottofilone per un’altra analisi.

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