Sons of the crescent Moon

Sons of the crescent Moon

Introduzione senza pretese all’occult rock

Sono più di sessant’anni che il mondo balla sulla musica del Diavolo: abbiamo avuto modo di osservare gli eredi di Robert Johnson plasmare gli strumenti generando nuovi percorsi sonori, fondando sottogeneri diventati a loro volta matrice di ramificazioni il cui novero è troppo largo persino per il Divo Piero e il suo blog vaporwave in html 2.0.
Un processo creativo, questo, che dovrebbe agevolare la classificazione dei gruppi esistenti, ma le centinaia di sotto-sottogeneri create da recensori, artisti e fan finiscono per scontentare almeno una di queste tre parti per due fondamentali fattori: forma e contenuto.

Una band si caratterizza dal metodo compositivo o dai temi trattati?

Secondo l’umile opinione di chi vi scrive, più dai temi trattati, però qui si alzerebbe il saccente ditino di qualche personacina sagace a dire: “Cioèèèèè…ma allora i Lezzèppeli co’ Immigrant Song…”. Oh raga, un’opera non può caratterizzare la carriera di un’intera band, altrimenti potremmo affermare che gli Amon Amarth sono un gruppo interessante.
Questo è il motivo che mi fa andare con i piedi di osmio sulla questione dell’occult rock, genere nato a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta che mescola suoni tipicamente Settantiani ad atmosfere mistico-neopagane (Pagan rock viene spesso usato come sinonimo) qualora non sfacciatamente sataniche.

Perché non usare il termine “pagan rock”?

Perché mi sta sul cazzo.
Il termine “pagano” comunemente inteso indica i culti contrapposti al Cristianesimo, racchiudendo nell’accezione moderna le religioni, antiche, moderne o ricreate con la missione di recuperare la venerazione di entità ancestrali, la celebrazione della spiritualità individuale/collettiva o il rispetto delle antiche usanze di stampo agreste. Il termine “occulto” ha anch’esso un respiro ampio, ma in questo frangente è corretto, in quanto non strettamente denotato come antitesi cristiana (tant’è che esistono gruppi di occultismo ed esoterismo di matrice cristiana)1.
Si tratta comunque di un calderone nel quale troppi credo distinti andrebbero a finire: trovereste corretto parlare di Monotheist rock?

Quali sono, allora, le caratteristiche di questo sottogenere?

Per condurvi per mano sul cammino della mano sinistra, ecco qual è il rituale:
– Mettete l’ultima traccia di Witchcraft Destroys Minds & Reaps Souls dei Coven;
– Prendete un bicchiere e versateci del Marzemino del Trentino;
– Sedetevi sulla vostra poltrona preferita e sprofondateci dentro.
…Fatto?
Mentre vi interrogate sul perché sorseggiate vino pensando a Giovanni Muciaccia, sappiate che le file all’Adecco sono piene di ottimi psicologi e potenziali alcolisti. Offrite il Marzemino anche a loro.

Sonorità

L’occult rock pesca dal proto-doom e dalla psichedelia i ritmi essenziali e cavernosi e le linee di chitarra, traducendosi spesso e volentieri nella Sagra della Pedaliera Piccante. In generale si può dire che il genere si sia sempre riuscito ad adattare al contesto storico usandone le caratteristiche stilistiche più marcate: se negli Anni Settanta certi aspetti di questo genere erano uniti al folk in figure borderline come Jimmy Page e Jinx Dawson2 e negli Ottanta si prediligevano le seduzioni synth e doom di gruppi darkwave di mamma 4AD, nelle ultime due decadi e mezzo sono stati frequenti i tentativi di gemellaggio col cugino fattone della psichedelia, lo stoner, creando connubi rétro molto gradevoli (primo nome che mi viene in mente, gli inglesi Alunah).

Tematiche

Nonostante l’uso di sostanze psicotrope – soprattutto nell’ultimo caso – abbia risultati sonori molto gradevoli, spesso cozza con il carattere religioso-spirituale che un serio approccio all’occulto comporta (parafrasando: “Oh…sbatta…passala!”), riducendo l’aspetto delle tematiche a specchietto per le allodole per ventenni annoiati.
Esistono varie interpretazioni dei temi principali dell’occult rock, ma mi azzarderei a raccoglierli in tre macrocategorie: magick, satanismo ed introspezione, (queste ultime molto affini al black metal, che sul profilo Spotify di Satana va a braccetto con Tokyo Fantasy di Alessandra Mussolini).

Il carro di buoi

La presenza femminile nell’occult rock è diffusissima – ma non imprescindibile – e ben definita fin dagli albori. Prendiamo un disco fondamentale, come il già citato Witchcraft Destroys Minds & Reaps Souls dei Coven, annata 1969: il gruppo, capitanato dalla sacerdotessa/cantante Jinx Dawson, già dal titolo dell’album e dalla tracklist manifesta apertamente il proprio credo; questi Jefferson Airplane prestati alle simpatie del Capro cominciano dall’opening Black Sabbath (pare che a certi sbarbatelli di Birmingham il disco fosse piaciuto parecchio…) a spargere un certo odorino di zolfo. Col succedersi degli anni il rock ha visto donne di spessore venire accomunate al ruolo di strega, non senza strizzate d’occhio da parte di chi di occulto e satanico aveva ben poco, come Stevie Nicks; più recentemente in figure come Diamanda Galás, Jex Thoth e Farida Lemouchi3 consoliderei il ruolo di Sorceress in chiave moderna, non solo per i temi trattati nei testi (nel caso della Galás, l’occulto viene toccato con cautela), ma per il valore cerimoniale delle loro esibizioni.
Chiaramente non si tratta di un genere esclusivo, ma è innegabile che le donne siano riuscite a farsi molta strada nell’occult rock, vuoi per maggior clamore, per merito o per  il carro di buoi, che nel mondo dello spettacolo arriva sempre secondo.
Nulla togliendo a gruppi come Death SS, Abysmal Grief e Watain che hanno portato ben innalzato il vessillo dell’Angelo Caduto, la magia è femmina e dell’occulto è la voce.

Estetica

Non siate ipocriti: il look per una band conta quasi quanto la musica prodotta e molti ne hanno fatto un marchio di fabbrica (*coffcoff Ghost4*), e ciò non  necessariamente una nota negativa.
Le sempiterne toghe a metà tra il cosplay di Cattivik e quello di Santi Licheri sono state sostituite da abiti elaborati (Ghost, Death SS e Batushka5) o da completi total black minimalisti; eccetto i casi già citati, solitamente le esibizioni sono concentrate sull’esperienza collettiva e la celebrazione, in un clima molto raccolto – appunto, liturgico: alcuni usano ceri, incensi e registrazioni di canti ancestrali, altri luci soffuse e rossastre ed una scenografia scarna.
Cioè che per loro è rituale, per lo spettatore è un’iniziazione, l’ingresso all’interno del culto.

Conclusione

Questo articolo è più breve di quanto avrei voluto e senza dubbio ci sono cose che avrei voluto mettere che forse finiranno in approfondimenti secondari, partendo dai gruppi seminali fino ad arrivare alla scena italiana; informazioni che sarebbero state troppo pesanti da inserire in  questo contesto, sappiate solo che aspettano il momento buono per uscire.
Sicuramente avrò lasciato scontento qualcuno, perché parlare di musica, ma soprattutto di generi musicali, è una cosa che all’apparenza è palese e in realtà si rivela un Vaso di Pandora pieno di calci nel culo il 90% delle volte.

Sapore di Salem, sapore di Male