Il disco
- Etichetta:Autoprodotto
- Città:Muotathal (Svizzera)
- Genere:Folk/Thrash Metal
- Line Up:
- Andrea (voce)
- Selv (chitarra)
- Pauli (basso)
- Piri (batteria)
- Laura Kalchofner (flauto)
Sto facendo un po’ di fatica a capire se Civitas Interitus mi piace o no – di solito è un buon segno, ma gli svizzeri Infinitas stanno facendo un sacco di cose nuove e un sacco di cose che ho già sentito più volte. Più che di interpretare ciò che penso, si tratta di pesare il bene contro il male.
Si apre bene – Alastor, che segue alla introduttiva e atmosfericamente narrata The Die Is Cast, parte in quinta con un blast beat che transiziona verso un power/trash molto efficace con aggiunta di violino – ma si fa un po’ fatica a mantenere l’attenzione, e c’è una certa mancanza di groove e di decisione anche nella successiva Samael, in cui si inseriscono occasionalmente cori maschili che danno quel pizzico di forza necessaria, seppur in maniera limitata.
Le chitarre armonizzate e il ritmo più lento e meditativo di Labartu portano in tavola una pausa necessaria, un cambio di atteggiamento che torna al consueto thrash col violino solo verso i due minuti e mezzo. Qui però la batteria si fa strada in maniera prepotente, spezzando i ritmi e dando una prova di forza davvero interessante. Si comincia a palesare però di nuovo il problema principale che si trascina lungo tutto il disco: la fatica nel mantenere i pezzi interessanti oltre l’impatto iniziale, e di spingere verso una qualità costante piuttosto che a sprazzi di genio.
Il duo Aku Aku / Skylla è un altro ottimo esempio: a un lavoro di chitarre elettriche pulite che portano alla mente tutti altri generi, con un approccio quasi post rock e un violino a volte pizzicato, segue un interessante pezzo thrash/NWOBHM più melodico, giocato su accordi distorti e ritmica molto trattenuta, con un valido assolo e una coda a piano e violino. A queste però segue Rudra, che è un pezzo che più thrash tradizionale non si può, e non sembra portare molto di davvero nuovo in campo, con poca ispirazione per le linee e a tratti confusionario… per poi arrivare a Morrigan, il brano assolutamente più folk del disco e forse la traccia migliore. È un ritmo altalenante, che mi fa venir voglia di selezionare quali canzoni inserire in una playlist piuttosto che digerire l’intero album di seguito.
È un po’ un peccato. La prova vocale nel corso del disco è davvero molto valida, soprattutto quando la vocalist osa e spinge la gola oltre il canto pulito – ma anche qui a volte la composizione crea tracce un po’ banali, in cui si sarebbe potuto ricercare qualcosa di più, e la scelta dei testi non sempre convince.
Alla fine della fiera, Civitas Interitus è un buon lavoro che ha bisogno di una sforbiciata, qualche ritocco compositivo e una maggiore ricerca di coerenza stilistica. Gli Infinitas producono una prima prova che regge all’ascolto, e aspetto con pazienza il loro prossimo lavoro per vedere cosa saranno in grado di produrre con una manciata di maturità in più.
Tracklist
- The Die Is Cast - 3'01"
- Alastor - 5'41"
- Samael - 4'04"
- Labartu - 8'24"
- Aku Aku - 5'04"
- Skylla - 5'43"
- Rudra - 4'36"
- Morrigan - 6'38"
- Amon - 8'28"
- A New Hope - 13'42"
- Valutazione: 7 / 10