Black Map – In Droves

Black Map – In Droves

Il disco

  • Etichetta:Long Branch Records
  • Città:San Francisco (USA)
  • Genere:Alternative Rock
  • Line Up:
    • Ben Flanagan (basso, voce)
    • Mark Engels (chitarra)
    • Chris Robyn (batteria)
Black Map – In Droves

In seguito alla pausa presa dalle rispettive band (nello specifico parliamo di Trophy Fire, Dredg e Far), tre musicisti californiani decisero di fondare un nuovo gruppo con cui dedicarsi a sonorità tipiche dell’alternative rock; è così che nascono i Black Map, band ormai giunta al secondo album che recensiamo in questa sede, ovvero In Droves, caratterizzato da riffoni hard rock e ritornelli orecchiabili, ruffiani al punto giusto.

Cominciamo dalla opener Run Rabbit Run, canzone scelta non a caso dalla band come singolo (di cui è stato anche girato un videoclip), considerato sia il refrain melodico ma non troppo (che ricorda a tratti gli U2  band la cui influenza, come vedremo, è costante nel corso di tutto l’album), sia l’uso delle chitarre – che alternano momenti più delicati ad altri in cui mostrano i muscoli senza troppi problemi, rendendo questo il brano che probabilmente riassume meglio il mood generale del disco, con ottimi risultati.

Segue Foxglove con la sua introduzione sensuale, il ritmo quadrato, il basso leggermente distorto e la chitarra effettata, per poi sfociare in un ritornello dove il cantante e bassista Ben Flanagan può continuare a sedurre con la propria voce, estremamente limpida e sorniona. Tuttavia, se fino a questo momento In Droves si è presentato come un album abbastanza “tranquillo”, le carte in tavola cambiano con Ruin, una di quelle canzoni rock n roll che ti costringono a tenere il tempo col piede e a scapocciare nei momenti più concitati. Aggressiva, orecchiabile, acchiappa l’ascoltatore con le sue sonorità maggiormente post-grunge.

Con Heavy Waves veniamo invece inizialmente sballottati per poi essere cullati dalle note, come se queste fossero le onde del titolo. Il delay applicato alla chitarra contribuisce alla dimensione onirica della canzone, mentre la voce di Flanagan torna a farsi quasi ruffiana – rendendoci talvolta facile il paragone con un certo Chino Moreno, soprattutto nel ritornello.

Procediamo poi con la malinconia e l’estrema orecchiabilità di Dead Ringer, che fa il paio con Octavia, canzone caratterizzata però da una chitarra decisamente più aggressiva e abrasiva (senza che si infici l’atmosfera del brano) e da un’intro estremamente suggestiva.

No Color risulta essere indubbiamente uno dei picchi dell’album, e sebbene viaggi sulle stesse coordinate delle altre canzoni dell’album, lo fa dannatamente bene. È un brano dalla forte emotività e dal ritornello che riesce a prendere visceralmente l’ascoltatore, ma se invece cercate un brano robusto dove brilla la sensibilità dei tre musicisti fatevi un favore e andatevi ad ascoltare Indoor Kid.

Ricordate quando in precedenza si è fatto accenno agli U2? Di certo ascoltando quest’album si ha la certezza che Flanagan, Engles e Robyn siano grandi fan del quartetto irlandese, ma la prova del nove l’abbiamo con la delicatissima e toccante White Fence, con la sua chitarra dai suoni brillanti e soprattutto la voce che, a questo giro, ci ricorda Bono Vox, seppur non scimmiottandolo.

La parentesi dedicata alla delicatezza si chiude immediatamente, e già con la successiva Just My Luck si torna a picchiare. Tuttavia l’apice del disco si raggiunge soltanto alla fine, con quella Coma Phase che azzecca tutto alla perfezione: intro tellurica, chitarra macinariff che rimangono impressi nella mente dell’ascoltatore e ritornello quasi da hit radiofonica.

In Droves risulta quindi essere un buonissimo album rock, uno di quelli i cui singoli non sfigurerebbero affatto in radio, con le sue melodie patinate, le chitarre ben presenti e l’ugola ammaliante di Flanagan. È un album che riesce a essere melodico, a tratti malinconico, ma soprattutto personale – ed è difficile, soprattutto quando si prende ispirazione a nomi di un certo calibro come U2, Bush, Deftones. Tuttavia questi tre ragazzi californiani ci riescono. Date loro un ascolto; sono sicuro che non vi deluderanno. Anzi.

Tracklist

  1. Transit I - 0'26"
  2. Run Rabbit Run - 3'20"
  3. Foxglove - 3'26"
  4. Ruin - 3'21"
  5. Heavy Waves - 3'15"
  6. Dead Ringer - 4'34"
  7. Octavia - 3'20"
  8. Transit II - 0'30"
  9. No Color - 4'39"
  10. Indoor Kid - 3'41"
  11. White Fence - 3'40"
  12. Just My Luck - 3'40"
  13. Cash for the Fears - 3'51"
  14. Transit III - 1'26"
  15. Coma Phase - 6'03"
  • Valutazione: / 10