Il disco
- Etichetta:Napalm Records
- Città:Arnhem (Olanda)
- Genere:Pagan/Folk Metal
- Line Up:
- Mark Splintervuyscht (voce)
- Lars Vogel (voce)
- Reamon Bomenbreker (chitarra)
- Kevin Vruchtbaard (chitarra)
- Rowan Roodbaert (basso)
- Joost Vellenknotscher (batteria)
La fine dell’inverno ha portato con sé anche l’attesissimo nuovo album degli olandesi Heidevolk, uno dei gruppi più amati del panorama legato al Folk Metal, la cui ultima uscita risaliva ormai al 2012, con l’ottimo “Batavi”, e possiamo dire che le attese non sono state tradite da questo che potremmo definire un concept “territoriale”, essendo le vicende di ogni brano ambientate nella Veluwe, la più grande regione boschiva dei Paesi Bassi.
Le abituali coordinate stilistiche rimangono infatti ben delineate, ma risulta avvertibile una sterzata verso sonorità maggiormente Heavy, e più precisamente verso quel Metal di matrice tedesca esploso negli anni ’80 che, utilizzando una delle infinite etichettature a quanto pare divenute indispensabili, si potrebbe definire Power Speed (ferma restando la chiara e ineluttabile matrice Folk, altro abusato termine sul quale un giorno troverò il tempo per scrivere in maniera più approfondita…), una tendenza presente già in alcuni brani del precedente lavoro e facilmente riscontrabile già dall’opener “Winter woede”, per emergere anche in altri momenti (“Herboren in vlammen”, “Het dwalende licht”, “Een met de storm”) di un album alquanto vario, in grado di offrire passaggi particolarmente epici (“Drankgelag”, la bonus track “Vinland”, unico brano con tematiche diverse rispetto al concept, o la stessa title track) fra cui svetta la magnifica “Urth”, impreziosita da grandiosi arrangiamenti orchestrali; in più, una semi-ballad (“Richting de wievenbelter”), un potenziale singolo proponibile anche su mercati meno settoriali (“De vervloekte jacht”) ed un paio di episodi un po’ scontati, “In het diepst der nacht” e “De hallen van mijn vaderen”, quest’ultima in particolare a sottolineare ancora una volta quella che è da sempre sia la peculiarità che il limite della proposta degli Heidevolk, ovvero la scelta di linee vocali decisamente statiche (e talvolta monocordi, purtroppo) le quali, non appena la struttura musicale perde in dinamica, rendono il cantato monotono, piatto, poco espressivo, penalizzando in alcuni casi composizioni di assoluto valore.
Da segnalare, infine, le tre cover inserite come bonus nella limited edition, ossia “Immigrant Song” dei Led Zeppelin, francamente trascurabile (per non dire bruttina), “In The Dutch Mountains” della storica pop band olandese The Nits (dalle marcate somiglianze con la leggendaria “Passion” di Rod Stewart), abbastanza piacevole, e l’eterna “Rebel Yell” di Billy Idol, probabilmente uno dei brani più coverizzati in ambito Metal ma che riesce sempre a funzionare, compresa questa fedele interpretazione che si differenzia più che altro per la voce ed il drumming decisamente “dritto”, a dimostrazione che – anche a distanza di oltre 30 anni – una vera hit resta sempre tale, mentre sul videoclip di “Winter woede” qualsiasi commento è superfluo, essendosi ormai consolidato questo standard stereotipato che – almeno a mio avviso – più che caratterizzare il genere, lo penalizza (la domanda giusta sarebbe: «A cosa servono simili video?»).
Un pizzico in meno di Folk, quindi, e un po’ più di Metal d’annata, per ottenere un album di buon livello, piacevole, a tratti entusiasmante e – soprattutto – onesto, privo di pose o atteggiamenti artificiosi: forse mi sbaglierò, ma la ricetta giusta per il futuro del Folk Metal potrebbe arrivare dall’Olanda.
Tracklist
- Winter woede - 4'16"
- Herboren in vlammen - 4'45"
- Urth - 4'45"
- De hallen van mijn vaderen - 4'19"
- De vervloekte jacht - 4'42"
- Het dwalende licht - 4'56"
- Drankgelag - 4'30"
- Velua - 4'50"
- Een met de storm - 4'16"
- Richting de wievenbelter - 4'46"
- In het diepst der nacht - 4'36"
- Vinland - 5'36")
- Giudizio: Solido
- Valutazione: 8 / 10