Intervista a Gianni Della Cioppa (Va Pensiero)

Intervista a Gianni Della Cioppa (Va Pensiero)

Rock in italiano. Si sente spesso dire che “l’italiano non è una lingua adatta al rock”, e le critiche si fanno ancora più dure quanto si parla di metal in italiano. Tuttavia ci sono stati, e per fortuna ancora ci sono, gruppi che hanno portato avanti la loro carriera artistica (con più o meno successo) mescolando le sonorità anglosassoni del rock e del metal con la lingua italiana. Di tutti questi artisti si parla in “Va Pensiero: 30 anni di rock e metal in italiano”, scritto da Gianni Della Cioppa, figura di spicco del giornalismo musicale in Italia. Potete trovate QUI la mia recensione del libro. Ma, se non vi dovesse bastare, ho intervistato Gianni Della Cioppa per parlare del suo libro, e di quello che secondo lui è (o è stato) il rock in Italia.

Intanto parliamo della nascita del libro: com’è nata l’idea di scrivere un libro sul rock In italiano, fenomeno che definisci quasi un ossimoro?

Dopo aver pubblicato per Crac Edizioni “Il negromante del rock” nell’autunno del 2011, l’editore mi aveva proposto questa sua idea di un libro sul rock cantato in italiano, un suggerimento che si sposava perfettamente con una mia esigenza, ovvero scrivere qualcosa di diverso sulla scena rock nazionale. E così, grazie all’aiuto di Marco Priulla e Walter Bastianel, abbiamo fatto un lavoro enorme di ricerca, che ha sorpreso anche noi per la quantità e la qualità, infatti assemblando il materiale abbiamo scoperto dei gruppi veramente fantastici. Si posso dire che ci siamo divertiti scrivendo “VA Pensiero”.

Pensi che in Italia il rock abbia sviluppato un linguaggio musicale autonomo, o rimane ancora dipendente da modelli stranieri?

Guarda apparentemente tutto è derivativo, ma ci sono scuole di pensiero che dicono che già negli anni ’50 e ’60 il rock italiano aveva un suo linguaggio. Lo storico cantautore Ricky Gianco, per esempio, ne è convinto e lo spiega bene nella prefazione del terzo volume dell’Enciclopedia del rock Italiano pubblicata da Arcana qualche anno fa . Un bel libro invece per comprendere la storia e la sociologia dei primi passi del rock in Italia è “Rock and Roll Italian Way” di Marilisa Merolla, della purtroppo defunta Coniglio editore. Un volume, tra la storia e il sociale, che consiglio a chi è interessato alla nascita e all’evoluzione del nostro rock. Per risponderti credo che la verità stia nel mezzo, indubbiamente l’influenza del modello angloamericano è forte, ma ci sono gruppi che hanno saputo staccarsi e proporsi con un proprio modello. E questo non solo nel periodo del rock progressivo, cosa evidente a tutti, ma anche agli albori con certo r’n’r e beat, e negli anni ’90, senza dimenticare la scuola punk e hardcore italiana, stimata in tutto il mondo. Credo che solo nel blues, nell’hard rock e nel metal ci sia un evidente desiderio imitativo, come sempre con le dovute eccezioni.

Secondo te vi sono parecchie differenze musicali tra le band che suonano rock italiano e quelle che suonano rock IN italiano?

Quando scegli di cantare in italiano è inevitabile pensare alle armonie in modo diverso, l’inglese è tronco come linguaggio e permette una scrittura più ruvida, mentre l’italiano con la sua innata musicalità, richiede giri ed accordi circolari, per dare un senso di completezza e questo modifica proprio il modo di scrivere la canzone. Non credo che i gruppi studino a tavolino come comporre i brani, ma le modifiche diventano inevitabili. Credo che non dipenda da come e cosa canti, ma dall’approccio dei musicisti, tocca solo a loro dare la direzione della musica che vogliono proporre e se ci sono degli ostacoli, dipende da quanta voglia hanno di superarli. Scrivere musica rock non dovrebbe essere così semplice come invece molti cercando di farvi credere, altrimenti finiamo per ascoltare la stessa canzone mille volte. Che poi, inglese, italiano o tedesco che sia, è quello che sta succedendo da anni.

Oltre alla musica, quanto pensi siano attualmente rilevanti la cultura rock e la cultura metal in Italia?

Non credo che in Italia si possa parlare di cultura metal e rock, ci sono alcune persone che hanno fatto una scelta di vita, ma si tratta di casi isolati, che non hanno la forza per parlare di fatto culturale. Forse Germania e i paesi del nord Europa hanno qualcosa che ha a che fare con uno stile di vita e quindi con la cultura, considerando gli eventi di grande rilevanza che organizzano, in termini di pubblico e quindi di diffusione. Non certo l’America o i paesi asiatici che inseguono solo le mode. In Italia tutto si muove in un panorama underground, che solo raramente ha saputo ritagliarsi una certa visibilità. In realtà anche l’underground avrebbe modo di generare cultura, ma qui da noi non è nemmeno una cultura minore, vedo piuttosto un pubblico diviso in tanti piccoli eserciti, tutti disposti solo a difendere la propria chiesa.

Come ti sei mosso per lavorare sul libro? Da che tipo di lavoro nasce quest’opera?

Nasce innanzitutto dall’amore che nutro da sempre per la scena musicale italiana in generale, pop compreso, e poi dall’enorme archivio di materiale discografico e bibliografico che possiedo. Non credo che internet sia ancora in grado di sostituire molti dei libri che ho a casa. Libri scritti da professionisti e grandi conoscitori della musica italiana e parlo anche di volumi di venti e trenta anni fa, che se riletti ancora oggi, sono in grado di svelare contenuti ogni volta inediti. Per il resto mi ha aiutato molto il fatto di essere sulla scene del crimine da qualche decennio.

Come vedi il futuro delle scene rock e metal in Italia?

Io credo che già un sito come il vostro dimostri che ci sono nuovi confini da scoprire, nuovi suoni da conoscere ed esplorare. Quindi il futuro della musica rock e metal italiana è nelle mani dei musicisti che non desiderano solo certezze, nella stampa cartacea e web che deve stimolare e non solo offrire il già noto e soprattutto è nelle mani del pubblico. Poi, uscendo dal concetto di novità, ma analizzando solo il futuro nel senso del domani, credo che il rock oramai sia un fatto acquisito, salvo rari casi nessuno si scandalizza più se sente qualche chitarra elettrica a volume alto. Quello che però deve crescere è il circuito generale, i concerti non possono iniziare alle undici di sera, la gente non può entrare nei locali a mezzanotte, questo è ridicolo, non puoi tenermi in piedi fino alle tre di notte, durante la settimana, per vedere un gruppo underground, in Inghilterra, in Germania, in Svezia, a mezzanotte è finito tutto e si va a dormire. E chi ha un locale di musica dal vivo, deve essere preparato, conoscere la scena, non inventarsi promoter, manager. Ma un passo in avanti lo deve compiere soprattutto il pubblico che non può pagare 100 euro per vedere i grossi nomi e poi non tira fuori due euro, dico due euro, per un concerto di band di italiane di qualità. Io mi auguro che le cose migliorino, ma tutto dipende da quanto vero amore si ha per la musica. Purtroppo per molti mi sembra che sia un fatto legato alla gioventù e poi viene accantonato. Con il mio mezzo secolo di vita ne ho visti tanti passare dall’amore all’indifferenza nel giro di pochi anni…

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Posso solo ringraziare te per questa bella vetrina, i lettori di ironfolks e tutti coloro che cercano la buona musica ovunque. Buon cammino a tutti.