Kaunan: antico fuoco

Kaunan: antico fuoco

Il fuþark (o futhark) è l’alfabeto runico utilizzato dalle antiche popolazioni dapprima germaniche e poi scandinave e anglosassoni. Le sue origini sono incerte, anche se la probabile derivazione dall’alfabeto etrusco è abbastanza plausibile, essendo quella civiltà diffusa fino al sud dell’odierna Baviera. Nel corso dei secoli alle rune sono stati attribuiti i significati più strampalati, ma resta certo il fatto che ogni singola lettera aveva una grafia, un suono e un significato: nell’antico alfabeto germanico la runa «Kaunan» rappresentava la lettera «K» e indicava la fiaccola, oggi idealmente portata da Boris Koller, Göran Hallmarken e Oliver s.Tyr, senz’altro più conosciuto come cantante dei tedeschi Faun e ancora una volta gentilissimo nel rispondere alle mie domande in previsione del suo arrivo in Italia con questo progetto.

Fra le note della vostra musica è possibile ascoltare l’eco di antiche tradizioni e di una forte spiritualità: in questa era così banalmente materiale, quanto spazio ritieni ci possa essere per un simile messaggio?

Penso che in un’epoca così dominata dal materialismo stia diventando sempre più forte il bisogno di ritrovare il legame con le nostre antiche tradizioni e le nostre radici, tanto che sono molte le persone che proprio di questi tempi stanno cercando una strada per ritornare alla spiritualità dei loro antenati. E siamo felici e orgogliosi di poterli ispirare nel loro viaggio con la nostra musica.

Durante l’ultimo decennio molte persone hanno apparentemente riscoperto – in ambiti come la musica, la letteratura o la cinematografia – l’esistenza del «folk», inteso come «tradizione», specialmente se scandinava, e delle tematiche a esso correlate: qual è la tua opinione su un movimento cresciuto a tal punto da diventare per certi versi (purtroppo) una moda?

La Scandinavia è particolarmente ricca per quanto riguarda la tradizione legata a melodie e canzoni folk, ma persino lì si possono trovare nerds che provano a interessarsene… Personalmente sono comunque contento che il folk – e tutta la musica riconducibile a questo movimento – sia diventato una «moda», perché anche attraverso simili canali si riesce a preservare queste tradizioni, permettendo loro di sopravvivere e non scomparire.

Presumo che la tua ricerca non sia iniziata guardando VIKINGS in televisione o leggendo libri di fantasy… Come ti sei avvicinato a queste tematiche?

Quando frequentavo l’università ho studiato letteratura medioevale e mi sono profondamente interessato alla musica scandinava, anche grazie ai grandi artisti che ho potuto ascoltare. Ma i miei colleghi Boris Koller e Göran Hallmarken sono ancora più immersi in questo contesto, al quale si stanno dedicando da molti anni. Sono loro due che hanno trovato le canzoni che interpretiamo, e devo dirti che è magnifico lavorare su questi gioielli insieme a loro.

Il vostro primo e al momento unico album, intitolato FORN, è stato pubblicato nel 2017: state pensando al suo successore?

Abbiamo canzoni fantastiche che non sono ancora state registrate! Purtroppo sono ancora troppo impegnato con i Faun per raggiungere Boris e Göran in Svezia e lavorare adeguatamente sul nuovo materiale: ma di sicuro – un bel giorno – ci sarà un secondo disco firmato Kaunan.

I prossimi 3 e 4 maggio sarete per la prima volta in Italia, sul palco di Strigarium (il festival pagano organizzato a Costa Volpino, in provincia di Bergamo, giunto alla sua decima edizione, ndr) e posso assicurarti che c’è già una grande attesa. Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro show?

Il termine «Kaunan» deriva dalla runa Kennaz, che si potrebbe tradurre anche con «torcia» o «fuoco»: forse è per questo che troviamo una grande energia nel suonare queste antiche melodie. E, pensando ai due concerti che terremo a Strigarium, posso già da ora invitare tutti a ballare e festeggiare con la nostra musica, anche se occorre premettere che alcuni brani sono talmente remoti che potrebbero risultare molto strani a orecchi abituati a sonorità più moderne.

E cosa puoi dirmi riguardo a settembre, quando ritornerai – sempre a Strigarium – per l’unica data italiana dei Faun in questo 2019?

Con i Faun ho suonato a Strigarium un paio di anni fa, ed è stato semplicemente meraviglioso. Ho trovato una fantastica energia nel pubblico, ma la cosa più importante è che le persone che si trovavano davanti al palco non volevano soltanto assistere a un concerto, ma erano realmente interessate ai contenuti pagani delle nostre canzoni: questo è molto importante per me, perché con i Faun – esattamente come con i Kaunan – cerco di trasmettere un messaggio. E non posso immaginare un posto migliore di Strigarium per portarlo al pubblico.

Non esiste un solo alfabeto runico, e quelli a oggi conosciuti presentano numerose differenze fra loro, sia dal punto di vista grafico che da quello fonetico, per non parlare dei significati propri di ogni singola runa. Ma la comune origine si riflette su molti aspetti, non ultimo quello che potremmo definire «spirituale», perché ogni forma di scrittura nell’antichità più remota implicava elementi che andavano ben oltre le funzioni che oggi ridurremmo al semplice concetto di «comunicazione».

I Kaunan riescono come pochi a trasmettere quella spiritualità nella musica che interpretano, un messaggio che non va inteso come «religioso» nell’accezione moderna del termine, bensì come legame con l’ultraterreno che ancora affonda le sue radici nella natura in cui quegli antichi popoli vivevano, mantenendo in vita una tradizione e una cultura che altrimenti andrebbero perdute. Basterebbe questo per indicarli come esempio da seguire, tenendo presente l’ammonimento del grande Indro Montanelli quando diceva: «Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente». Per questo dispiace vedere tanti italiani appassionarsi alle tradizioni di altri popoli ignorando le proprie, peraltro non così «secondarie»…

Questa, però, è un’altra storia. E non è detto che debba essere io a raccontarla.